Gli analisti sembrano orientarsi in maniera discretamente ottimista sul mercato petrolifero, che dopo il prolungamento dei tagli alla produzione sembra essere impostato su una cauta positività. Ad ostacolare il comparto rimane comunque il rialzo della produzione USA di shale-oil, una tecnica estrattiva evidentemente onerosa, che tuttavia sta beneficiando del rialzo delle quotazioni del greggio.
A giustificare la prudenza degli analisti è anche l’evidenza che il comparto dell’energia rimane fortemente esposto ai rischi geopolitici in Medio Oriente, ma è favorito nel breve termine dal miglioramento dei fondamentali del gas. I driver del petrolio appaiono comunque mediamente in miglioramento in virtù del prolungamento dei tagli alla produzione di OPEC e Russia, sebbene per il momento l’equilibrio di mercato sia minacciato dalla crescita dell’offerta non-OPEC. I prezzi si sono nettamente rafforzati dopo le interruzioni delle consegne del Brent dall’oleodotto Forties, ma non si tratta comunque di un effetto di forte longevità.
A questo punto, per quanto concerne il futuro, è molto probabile che le quotazioni del petrolio possano entrare in una fase di ampia stabilità. Una media delle previsioni degli analisti sembra privilegiare un Brent in media a 60 dollari al barile e un WTI a 55 dollari al barile per la prima parte dell’anno. I prezzi dovrebbero poi salire di qualche dollaro al barile nel corso del 2019.
Chiaramente, l’attenzione degli analisti sarà incentrata soprattutto sul rispetto degli accordi di produzione nel corso del 2018: un elemento dal quale probabilmente dipenderanno le aspettative su eventuali nuove flessioni (o meno) delle quotazioni del greggio sui principali indicatori internazionali.